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Un Onorevole Natale

C’è stato un tempo lontano in cui ho desiderato procurare al potere una fitta al petto, uno strappo al sistema: il giorno del momento che tutti stavamo aspettando. Quel giorno è semplicemente rimandato a mai.

E’ il primissimo mattino, viaggio in economy da Punta Raisi, come spesso mi accade, prendo il primo aereo per Roma Fiumicino e l’ultimo la sera per ritornare in Sicilia. Mia moglie stima di poter cenare in queste occasioni per le 24 o giù di lì. Mangio per questo tutto scotto, solitamente, intorno all’una di notte.

Con ancora il rollio dell’aeromobile sotto la suole delle scarpe, entro nello studio di uno a cui le critiche non danno mai pace, perché “abbassano la qualità della vita”, dice. “Perché le critiche sono figlie legittime del pregiudizio. La diffidenza è incapace d’amare …”. Lo so, lo so: le persone sono complicate e la vita è strana. Sì. Concordo su tutta la linea. Annuisco come gli ingenui, manifesto cinico attaccamento al pragmatismo del Conosco uno che Conosce un altro che potrebbe risolvere quel tuo Certo problema. Ma, ahimè, sono un sentimentale che si tradisce spesso, mentre Lui finge di non farci troppo caso e va dritto al punto. “Parliamoci chiaro: questa faccenda è lana caprina di non-immediata soluzione, va lubrificata, ecco diciamo così: dobbiamo lubrificarlo quest’ingranaggio inceppato. Ora ci sono le feste, dobbiamo organizzarci con prontezza per fare il possibile subito con l’anno nuovo. Ora sono tutti a sciare, pecoroni! E, teniamo a mente, il chiodo sporgente va mandato affondo. Come quel cretino di funzionario, quel signor nessuno vedrà lui se è il caso di rompere i sacrosanti alle persone per bene, che vogliono soltanto lavorare, lavorare nonostante un Paese di delinquenti e monnezza! Bell’orologio è un …” già, lo ha notato, i begli orologi servono a questo. E’ di un conoscente finito in bancarotta pilotata, la moglie non ne può più del suo collezionismo compulsivo che non accenna a ridursi neppure in questa fottuta crisi. Continua a comprare a carissimo prezzo per di più, compra e compra segretamente, poi mi ci fa fare qualche giretto anche a me coi suoi gioielli, mediamente ogni due settimane un nuovo pezzo scivola dalle sue dita intorno al mio polso ossuto. Il piano è in atto: invita l’inacidita consorte a ricordare quel bell’orologio che indossavo io, il suo più caro amico: “pensa, è disposto a regalarmelo, cioè a rivendermelo per un quinto di quanto l’ha pagato. Niente. Come fosse gratis. Un vero affare. Lo sai, con tutti i soldi che gli piovono addosso, s’annoia e fa presto a comprarne di ben migliori”. Mi presto con soddisfazione a vestire i panni del riccone, quando invitato a cena dal mio compare di menzogna, nella sua dimora tutt’altro che modesta, sfoggio il nuovo acquisto, nel corso di un pasto a dieci, dieci!, portate. Mi coccola la beffata, ritiene che, abituato al meglio, faccio presto a stufarmi di cronografi e amicizie. A me questo gioco piace, mi fa sentire davvero Quello degli Orologi Costosi. E mi piace. Mi sento riconosciuto, sento di avere riconosciuto un tratto distintivo piacevole e caratterizzante, la menzogna mi gratifica anche se per poche ore.

Il mio Grande Kahuna, qui nell’Urbe, è uno che colleziona banchieri anziché orologi. E stiamo seduti uno di fronte all’altro come due persone che hanno un qualunque interesse in condivisione. Mentre gli racconto vicissitudini di persone collegate a entrambi, per cui fingiamo di provare meticoloso interesse, lui curiosa su un sito di escort. “Guarda qui. Uno, a cui ho fatto un grosso favore, non come la tua licenza, un favore tosto, da temere per la mia reputazione a infilarmici in quella certa situazione … adesso quel mio amico gestisce questo sito di escort di lusso, controllate, pulite, selezionate, quando sono carico lo chiamo e me ne fa incontrare quante ne voglio, anche ai convegni me le porto, per capodanno ne prendo quattro. Me lo devono succhiare fino alla Befana senza fermarsi mai. Si stancano la mascella, i muscoli buccinatori? Cambio! un calcio in culo avanti un’altra. Serviti pure se qualche volta ti trovi in zona e c’hai la scimmia. Hi hi”. “No grazie io passo raramente da Roma. Oggi avevo degli affari qui, un po’ per caso, e ho pensato di portarle questo pensierino, e con la scusa, aggiornarmi sulle tempistiche per il rilascio della mia licenza, non perché abbia fretta, ma per capire che tipo d’investimenti mettere in moto, per le tempistiche e la logistica appunto. Aspetto tutto il tempo necessario, ci mancherebbe altro, non voglio starle col fiato sul collo, passavo di qua e mi son detto portiamo questo pensierino, può darsi sia gradito … E’ certificato da Bolaffi. Ha un valore per un appassionato di storia contemporanea come lei … E’ un volantino delle Brigate Rosse, quello che annuncia la condanna a morte di Aldo Moro”… “Vedo … vedo”. “Ma è solo un pensiero. Passavo di qui non volevo venire a mani vuote, visto l’impegno che ha dedicato alle mie pratiche, mi sembrava doveroso, per di più sotto le feste”. “Sì, sì, ma lei stia tranquillo. Mi spiacerebbe che magari sia venuto qui solo per incontrare me. Potevamo tranquillamente sentirci telefonicamente. Lo dico per il futuro. E’ sempre un piacere incontrarla, ma i soldini per il viaggio, capisco per un giovane sia meglio spenderseli in altri affari, ragazze, orologi! Chi vuol esser lieto sia!, io e il suo caro zio siamo vecchietti ormai, solo il cazzo ci tira ancora, la nostra ultima roccaforte prima di essere cose inutili, parlo per me, non posso parlare per conto di suo zio, naturalmente. Piuttosto me lo saluti caldamente. E che si faccia sentire ogni tanto! Che se non fosse stato per lei, erano cinque o sei anni che non ci sentivamo. Cinque o sei anni fa, abbiamo fatto un Cenone assieme quando fu del concorso di Giuseppe, tuo cugino”. “Mio fratello, in verità”. “A già perché tu sei il figlio di Linuzza, non di Pia. Porta un saluto anche alla mamma. Un Buon Natale e un Felice anno nuovo”.

Lascio sulla sua scrivania un biglietto d’auguri e gratitudine anticipata. Poco colorato. Natalizio, senza cliché cromatici. Esco dallo studio e nell’anticamera mi trovo a tu per tu con la segretaria, di una bellezza algida e fin troppo sofisticata. Non è né triste né amareggiata, non assonnata, né assennata, men che mai ansiosa, attiva pur nell’inazione. Dalla strada un che di febbrile, quasi fosse già la vigilia di Natale, ascende fino ai vetri sottili delle finestre facendoli vibrare appena. Se al 10 dicembre i marciapiedi e le carreggiate sono infestati di consumatori, cosa aspettarsi per le prossime settimane? Faccio un po’ il piacione, ma la segretaria non gioca il mio gioco e lascia cadere in terra le mie poche parole buttate lì, ad alto volume per dir qualcosa che suscitasse un sorriso o un saluto un po’ meno impersonale di quello che in effetti mi viene concesso. Non appartengo a questo Palazzo neanche il tempo di una frase a metà. Un taxi aspetta davanti al portone: aeroporto, cena scotta, eventualmente doccia. Il più per oggi è fatto. “Amore mio, non sai che voglia di vederti ho avuto tutto il tempo. Penso che per ottenere quella benedetta licenza manchi davvero poco. Lui è stato molto affettuoso. Ti manda un bacio e anche al bimbo. Abbiamo parlato di tutto pure di te, dell’esito di quel colloquio d’inizio estate, dice di star tranquilla: anche tu, come me avrai la tua occasione per spiccare il volo. Devi aver pazienza, anche il tuo aereo arriverà a destinazione con tutti i nostri sogni a bordo. Sei felice oggi? Abbracciami”.

Lo scorso marzo un’asta nella sede milanese di Bolaffi ha suscitato polemiche per il tipo di materiale che è andato in vendita: diciassette volantini delle Brigate Rosse datati fra il 1974 e il 1978. Darne una valutazione era difficile: si è fissato come prezzo di partenza millecinquecento euro. Alla fine il lotto è stato aggiudicato alla biblioteca di via del Senato di Marcello Dell’Utri per ben diciassette mila euro.