Introduzione
All’ultimo incontro del book club di neu [nòi], il tema della morte digitale è stato affrontato attraverso le pagine del libro La morte si fa social di Davide Sisto. Questo testo ha suscitato un acceso dibattito, toccando questioni che spaziano dall’immortalità virtuale al senso della memoria collettiva, dall’autenticità delle relazioni digitali fino ai confini tra realtà e percezione.
Il lutto digitale: tra collettività e intimità
La discussione si è aperta con una riflessione sul modo in cui la morte viene vissuta e rappresentata sui social network. Alcuni partecipanti hanno descritto la loro difficoltà nel confrontarsi con manifestazioni pubbliche di lutto online, percependole come una forzatura rispetto all’intimità del dolore, considerando comunque che la difficoltà di fronte a manifestazioni di lutto online vada di pari passo con la difficoltà nell’affrontare il tema della morte in generale.
Tuttavia, altri hanno evidenziato come questi spazi digitali offrano una nuova ritualità collettiva, un luogo virtuale dove amici e familiari possono condividere il ricordo dei propri cari, superando le barriere geografiche e culturali. Questa pratica, secondo alcuni, rappresenta un parallelo moderno degli antichi rituali funerari, ma adattato a un contesto virtuale e globale.
L’immortalità virtuale: tra conforto e inquietudine
Uno dei temi centrali del libro e della discussione è stato il concetto di “immortalità digitale”, ovvero la possibilità che una persona continui a esistere online anche dopo la sua morte. Questa presenza, che può essere mantenuta attraverso profili social o addirittura replicata tramite intelligenza artificiale, ha sollevato reazioni contrastanti. Alcuni hanno trovato conforto nell’idea di preservare una memoria duratura dei propri cari, mentre altri si sono detti turbati dalla possibilità di “vivere per sempre” in una forma digitale. In particolare, l’idea di avatar e chatbot che simulano le persone scomparse ha generato un acceso dibattito sull’autenticità di tali interazioni e sull’impatto che potrebbero avere sull’elaborazione del lutto.
Realtà e percezione: il confine sottile tra fisico e virtuale
Un tema che ha appassionato i partecipanti è stato quello del confine tra realtà fisica e virtuale. Alcuni hanno citato esperienze personali di realtà immersiva, come l’uso di visori VR, per dimostrare quanto il nostro cervello possa essere facilmente ingannato dalle tecnologie avanzate. La discussione ha toccato anche le implicazioni di questi sviluppi tecnologici, interrogandosi su quanto la percezione della realtà possa essere manipolata e su come questo influenzi la nostra comprensione del mondo. La conversazione si è spinta fino a speculare su un futuro in cui la realtà virtuale potrebbe diventare indistinguibile da quella fisica, sollevando domande etiche e filosofiche.
Memoria e diritto all’oblio: cosa vogliamo lasciare di noi?
La discussione ha poi toccato il tema della memoria e del diritto all’oblio digitale. Con una crescente quantità di dati personali che ognuno di noi lascia online, il concetto di eredità digitale diventa sempre più rilevante. Alcuni partecipanti hanno espresso il desiderio di poter controllare il proprio “testamento digitale”, decidendo quali contenuti lasciare e quali cancellare. È emersa anche la questione del controllo post-mortem dei profili social: se i social network non moriranno con noi, cosa succederà ai nostri dati e alla nostra presenza online? La necessità di un maggiore controllo sulla propria immagine pubblica e privata dopo la morte è stata un punto di forte interesse.
L’intelligenza artificiale e il desiderio di eternità
Un tema centrale del libro è stato l’uso dell’intelligenza artificiale per “resuscitare” persone scomparse, come nel caso del chatbot creato da Eugenia Kuyda basato sulle conversazioni di un amico defunto. Questo concetto ha stimolato riflessioni profonde: alcuni lo hanno percepito come una forma di elaborazione del lutto, mentre altri hanno visto in queste pratiche una deriva inquietante. Un partecipante ha ricordato l’episodio Be Right Back della serie Black Mirror, in cui una donna crea un avatar del marito defunto, ponendo interrogativi sul rischio di distorcere la nostra percezione delle persone amate, riducendole a versioni artificiali progettate per soddisfare il nostro bisogno di presenza.
Realtà e proiezioni mentali: il potere della suggestione
Durante l’incontro, è emersa un’interessante digressione sul potere della mente di creare realtà alternative attraverso la suggestione. Sono stati citati casi di persone che hanno sviluppato falsi ricordi su eventi traumatici vissuti solo indirettamente, come l’attacco alle Torri Gemelle, e che sono riuscite a convincersi di essere state presenti fisicamente. Questo fenomeno ha portato a una discussione sulla capacità della mente umana di distorcere la percezione della realtà, un aspetto che si lega anche all’uso della realtà virtuale per esperienze immersive. Secondo alcuni partecipanti, la virtualità potrebbe rappresentare non solo un’estensione della realtà fisica, ma addirittura un nuovo modo di viverla e manipolarla.
La filosofia della morte: tra ritualità antiche e modernità digitale
Nel corso della discussione, alcuni partecipanti hanno fatto riferimento a pratiche funerarie antiche, notando come la nostra cultura moderna abbia teso a isolare il rito funebre e a relegare il lutto a una sfera privata. È stato notato come la dimensione digitale offra una nuova forma di collettivizzazione del lutto, che richiama i riti sociali del passato, ma in chiave tecnologica e globale. Inoltre, alcuni hanno sottolineato l’importanza di sviluppare nuovi codici e rituali per affrontare la morte nel contesto digitale, in modo da dare significato e dignità a una pratica che coinvolge inevitabilmente tutti noi.
Conclusione: Siamo pronti per una “morte virtuale”?
L’incontro si è concluso con una serie di domande aperte che riflettono i dilemmi etici e filosofici sollevati dal libro di Sisto. Se da un lato la tecnologia offre nuovi modi per affrontare il lutto e mantenere viva la memoria dei nostri cari, dall’altro rischia di ridurre le relazioni umane a interazioni superficiali, replicabili all’infinito. Alla fine, siamo disposti ad accettare la possibilità di una vita (e una morte) in un mondo dove l’identità digitale potrebbe sopravvivere indefinitamente? La risposta, forse, è un viaggio personale e collettivo, che ciascuno di noi dovrà affrontare nell’epoca della digitalizzazione della memoria.
Opere e autori citati
- Davide Sisto – La morte si fa social
- Eugenia Kuyda – chatbot commemorativo di Roman Mazurenko
- Episodi di Black Mirror – Be Right Back
- Film e serie TV – La corrispondenza di Giuseppe Tornatore, Ghost Whisperer e Matrix
- Teorie sulla percezione della realtà e memoria collettiva
- Riti funerari antichi – confronto tra ritualità passate e moderne
- Psicologia della memoria – falsi ricordi e suggestione
Note del modello di redazione
Questo report è stato generato da un modello di intelligenza artificiale a partire da una trascrizione automatica dell’incontro del book club registrato. L’audio è stato trascritto automaticamente, e successivamente il report è stato generato utilizzando i dati della trascrizione. Il report è stato in seguito condiviso, per la revisione finale, con le persone presenti all’incontro e poi pubblicato sul blog dell’associazione neu [nòi] – spazio al lavoro.